domenica 15 marzo 2009

Un nuovo intervento pubblico in economia: l'editoriale domenicale di Ferrero

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Paolo Ferrero
Le centinaia di migliaia di lavoratori che hanno perso il lavoro nei primi mesi di quest'anno rappresentano plasticamente la gravità della crisi. Una crisi che non è caduta dal cielo, non è il frutto di qualche cattivo banchiere che ha falsato le regole del gioco; una crisi che è il frutto proprio di quelle politiche liberiste che i capitalisti hanno portato avanti dagli anni '80 e che sono state condivise a livello politico sia dal centro destra che dal centro sinistra. Al centro di queste politiche abbiamo avuto la finanziarizzazione dell'economia e la sistematica compressione dei salari, delle pensioni e dello welfare. Politiche tutte orientate all'esportazione e alla speculazione finanziaria a breve hanno prodotto la situazione attuale: le banche sono piene zeppe di titoli che non valgono nulla e milioni di lavoratori non hanno i soldi per arrivare a fine mese, cioè per comprare le merci e i servizi che producono. Questa crisi è quindi una crisi del meccanismo di accumulazione capitalistico, non solo una crisi economica ma ambientale e alimentare. Da una crisi di questa natura non è possibile uscire senza una radicale messa in discussione della distribuzione del reddito e del potere e senza riprogettare il modello di sviluppo: cosa, come, per chi produrre. Se non si affrontano tali nodi, l'idea che la crisi sia destinata dopo un po' a risolversi "da sola" e che quindi si tratti solo di aspettare, è sbagliata.
Da questo punto di vista è evidente che la politica che sta facendo il governo Berlusconi non è finalizzata all'uscita dalla crisi da piuttosto all'uso della crisi a fini politici.

Berlusconi sta usando la crisi per costruire una organica svolta a destra: presidenzialismo, distruzione del sindacato, attacco ai diritti sociali e civili, aggressione all'ambiente e sua mercificazione, promozione di ideologie razziste, sessiste e clericali come "religione civile" del paese. Le ideologie reazionarie non sono un optional di questa politica: costituiscono il collante ideologico che permette di costruire consenso anche tra chi vede peggiorare la propria condizione. Bossi e il Papa svolgono la funzione deleteria che hanno svolto i nazionalisti e i nazionalismi all'inizio del ‘900. La gestione autoritaria della frantumazione del conflitto sociale è l'obiettivo berlusconiano: il clerico fascismo per l'appunto. L'obiettivo della destra non è quindi l'uscita dalla crisi ma l'uso della stessa per costruire un regime reazionario.
Per uscire dalla crisi a sinistra e quindi per sconfiggere il progetto berlusconiano è quindi necessario costruire un movimento di massa per l'alternativa. Senza un progetto alternativo che unisca la difesa degli interessi materiali immediati ai valori civili e la proposta di uno sviluppo alternativo, di una rivoluzione ambientale e sociale dell'economia, non è possibile uscire positivamente dalla crisi.
Per questo dobbiamo far vivere dentro le lotte, a partire da quelle organizzate dalla Cgil e dal sindacalismo di base, la costruzione di una piattaforma di alternativa: pesante redistribuzione del reddito e salario sociale per tutti i disoccupati, intervento pubblico in economia per praticare la riconversione ambientale e sociale della stessa, proposta di un nuovo umanesimo laico che veda nell'autodeterminazione degli uomini e delle donne il punto focale. Per superare la frammentazione sociale e la guerra tra i poveri è decisivo che una piattaforma concreta di riunificazione sociale viva dentro la costruzione delle lotte.
Per questo dobbiamo proporre a livello europeo una radicale messa in discussione dell'Europa di Maastricht, costruita da socialisti e popolari, che ha costituzionalizzato il neoliberismo e il cui monumento è la Banca Centrale Europea, dove un pugno di tecnocrati decidono delle nostre vite senza alcun vincolo democratico e sociale.
La tassazione delle rendite finanziarie, la tobin tax sulle transazioni speculative, la rottura di ogni relazione finanziaria con i paradisi fiscali, la possibilità per i lavoratori di tornare in possesso del loro Tfr abbandonando i Fondi Pensione sono tutti elementi di questo disegno che dobbiamo far valere nelle lotte e nelle elezioni europee.
Il punto centrale di questo progetto è la proposta di un nuovo intervento pubblico in economia. Berlusconi propone un intervento pubblico distruttivo delle relazioni sociali e dell'ambiente: dal via libera alla speculazione edilizia alle centrali nucleari. Noi dobbiamo proporre un intervento pubblico che, a partire dalla nazionalizzazione delle banche e dallo stop ai contributi alle imprese, attivi ricerche e produzioni finalizzate alla soddisfazione dei bisogni sociali e non ai profitti.
Il livello europeo e quello delle lotte sono i terreni decisivi per la richiesta dell'alternativa. Uscire dal chiacchiericcio del bipolarismo tra simili che caratterizza il dibattito politico italiano e far emergere la concreta urgenza dell'alternativa nelle lotte e nella campagna per le europee è il nostro compito.

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