venerdì 27 febbraio 2009

Oggi dibattito sulla crisi economica con Giannini (PRC) e Sgobio (PdCI)

Dopo giorni passati a volantinare, ad attaccare manifesti, a speakerare e tanto altro ancora, finalmente è arrivato il giorno dell'iniziativa "I comunisti e la sinistra di fronte alla crisi capitalistica mondiale".

Stasera alle 19:30, presso la Sala di Rappresentanza del Comune di Luzzi, affronteremo il tema con Fosco Giannini (Direzione Nazionale PRC, direttore de "l'Ernesto, già senatore eletto nel collegio calabrese), Pino Sgobio (Segreteria Nazionale PdCI, già capogruppo alla Camera), Pietro Rossi (segretario provinciale CGIL), Angelo Broccolo (segretario provinciale PRC), Antonio Morrone (segretario provinciale PdCI). Introdurrà e coordinerà la discussione Francesco Altomare (segretario cittadino PRC).

Abbiamo già ricevuto la conferma della partecipazione dei compagni dei circoli di Rose, Bisignano, Santa Sofia d'Epiro, Spezzano Albanese, oltre ad essere sicuri della massiccia presenza della popolazione luzzese.

L'iniziativa sarà un ulteriore tappa per il riavvicinamento tra Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani, nell'ottica del superamento della scissione del 1998. E inoltre, di fatto, oggi si aprirà la campagna elettorale del PRC di Luzzi in vista sia delle elezioni europee, sia di quelle provinciali, dove al 99 % il candidato del collegio sarà espresso dal nostro circolo, dopo l'ottimo risultato (quasi il 12 % in città) di cinque anni fa.

Vi aspettiamo in massa!

domenica 22 febbraio 2009

Iniziativa pubblica del PRC Cosentino

Mercoledì 25 febbraio 2009 ore 17.00
Sala di Rappresentanza Comunedi Cosenza

INIZIATIVA PUBBLICA

“Le proposte del PRC di fronte alla crisi democratica e sociale del Paese”


Introduce
Angelo Broccolo, Segretario Provinciale PRC-SE Cosenza

Interviene
Nino DeGaetano, Segretario Regionale PRC-SE Calabria

Conclude
Damiano Guagliardi, Assessore al Turismo RegioneCalabria

Saranno presenti
Ferdinando Aiello, Assessore Provinciale PRC-SE Cosenza
Biagio Diana, Capogruppo Provinciale PRC-SE Cosenza
Franco Veneziano, Presidente Comitato Politico Provinciale PRC-SE Cosenza
Rossella Morrone, Comitato Politico Regionale PRC-SE Calabria
Giovanni Pitrelli, Comitato Politico Regionale PRC-SE Calabria

C'è una strada per cambiare davvero

http://liberazione.it/giornale_articolo.php?id_pagina=63463&pagina=1&versione=sfogliabile&zoom=no&id_articolo=440354

http://liberazione.it/giornale_articolo.php?id_pagina=63468&pagina=7&versione=sfogliabile&zoom=no&id_articolo=440390

Dino Greco

Naturalmente, non ci passa per la testa di fare del governatore della Banca d'Italia il nostro mentore. Ma fa una discreta impressione ascoltare da quel pulpito l'eloquio, certo prudente e paludato, di un banchiere il quale ci rivela che ne vedremo delle belle, che la caduta occupazionale più pesante è di là da venire, che dunque è indispensabile una riforma organica degli ammortizzatori sociali tale da coprire l'universalità dei lavoratori subordinati, tutelandoli dal rischio della disoccupazione e favorendone il rientro nell'attività produttiva. Infine, che serve una politica di sostegno dei redditi più bassi perché la gente non ce la fa più e la contrazione dei consumi determina un contraccolpo pesante, tanto sulla coesione sociale quanto sull'economia. La quale si avvita a spirale e rischia di precipitare, nei prossimi mesi, in caduta libera. Il fatto è che gli attori oggettivamente chiamati in causa, il Governo, le banche, la Confindustria, stanno adottando comportamenti che, lungi dal costituire la soluzione del problema, ne preparano l'aggravamento. Il governo non sa adottare misure di qualche efficacia redistributiva e incoraggia le più viete pulsioni antioperaie del padronato. Le banche, mentre lesinano il credito alle imprese, a molti mesi dall'esplosione della crisi non riescono (non vogliono) far luce sulla dimensione dei titoli tossici presenti nei loro portafogli, alimentando nei risparmiatori un più che fondato senso di allarme e di sfiducia. Il sistema delle imprese, con in testa la Confindustria, invece di investire su un patto di solidarietà con il lavoro, punta tutte le sue carte sulla deflazione salariale, su un ulteriore impoverimento del sistema di protezione sociale, sulla cronicizzazione del precariato. E ancora, sulla rottura sindacale e sulla revoca del diritto di sciopero: un cocktail micidiale, foriero di conseguenze gravissime per la stessa tenuta democratica del Paese.
Eppure un'altra strada sarebbe praticabile. Si rammenti che l'Italia non è priva di risorse. Tutto il contrario. Ma il nostro è un Paese dove la forbice fra ricchezza e povertà si è allargata a dismisura, dove la dimensione dell'evasione fiscale e contributiva ha raggiunto - come ci ricorda l'Agenzia delle entrate - la cifra strabiliante di 250 miliardi di euro, qualcosa come il 20% del pil. Nei giorni scorsi, Liberazione è tornata ripetutamente su questo punto, documentando come le cospicue somme recuperate all'erario attraverso le attività ispettive (più di 6 miliardi di euro nel 2007), non rappresentino in realtà che una modestissima quota della stessa evasione accertata. Basterebbe (si fa per dire) che l'azione di contrasto e la capacità di riscossione divenissero più efficaci per mettere a disposizione dello Stato uno stock di liquidità di tali dimensioni da alimentare politiche redistributive, il potenziamento del welfare, il sostegno ad uno sviluppo di qualità.
Occorrerebbe conquistare il principio che l'evasione è un furto, un reato penalmente rilevante. Se ciò non avviene non è per ragioni tecniche, ma in virtù di precise scelte politiche e sociali. Non c'è altra plausibile spiegazione al fatto che gli enti preposti ai controlli continuino a non avvalersi delle banche dati disponibili presso l'Anagrafe tributaria centrale. O che persista, ineffabile, il rifiuto dei governi ad introdurre una tassa, anche di limitata entità, sui fantastici patrimoni di tanti strateghi dell'evasione e dell'elusione. E' di qualche significato che persino una modesta proposta, di valore più simbolico che sostanziale, come quella avanzata dalla Cgil di elevare di cinque punti il prelievo fiscale sui redditi superiori ai 150 mila euro, abbia suscitato la sdegnata reazione della Confindustria che senza percezione del ridicolo ha paventato nientemeno quel ritorno alla lotta di classe che essa vorrebbe continuare a praticare unilateralmente. Come si vede, la realtà è più semplice di quanto raccontano, con le terga ben al riparo, certi predicatori dei sacrifici altrui. Lo hanno capito le persone convenute a Roma venerdì scorso. Lor signori siano certi che torneranno.

venerdì 20 febbraio 2009

Sulla nazionalizzazione delle banche

Un tema che senza dubbio sarà al centro della discussione che terremo venerdì 27 febbraio a Luzzi con Fosco Giannini, Pino Sgobio, Pietro Rossi e gli altri relatori dell'incontro, sarà quello della nazionalizzazione del credito, cui Berlusconi ieri vi aveva fatto accenno (prima della solita correzione...) di fronte a quel Gordon Brown, che in Inghilterra sta muovendo l'azione del proprio governo proprio nell'ottica di un ritorno dello stato nel controllo delle banche. Sempre di ieri era la notizia che la Germania ha approvato una legge pro tempore (sarà in vigore solo fino ad ottobre) che gli permetterà di statalizzare la Hypo Real Estate, uno degli istituti di credito maggiormente colpiti dalla crisi economica.

A tal motivo pubblichiamo due comunicati stampa apparsi sul sito della Rete 28 Aprile, la "sinistra" della CGIL.

Luciano Altomare


http://www.rete28aprile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=96:200209-se-berlusconi-diventa-socialista&catid=10:primo-piano&Itemid=29

Se Berlusconi diventa socialista....

L’accenno, poi smentito di Berlusconi alla nazionalizzazione delle banche, è solo il segno che il Presidente del Consiglio, nonostante l’ottimismo di facciata, comincia a capire che questa è una crisi nera. E comincia ad averne paura. Le nazionalizzazioni, l’intervento pubblico, il protezionismo, sono già le pratiche concrete che al di là di tutte le chiacchiere, stanno praticando i governi. E’ il mondo della globalizzazione, che pareva fino a pochi mesi fa destinato a successi grandiosi, precipita nel nulla. (...)

E’ il mercato globalizzato che si sta progressivamente fermando e nessuno di coloro che sono al comando della baracca sa davvero come fare a farlo ripartire. E così tutti diventano socialisti, con l’esclusione forse di una certa sinistra italiana e di Cisl e Uil.
Il ritorno del socialismo a sostegno delle banche oggi, del sistema industriale e dei servizi domani, è un dato della realtà. E’ semplicemente dovuto al fatto che senza l’intervento pubblico il privato si ferma.
Questo offre una grande opportunità a tutti coloro che non si sono rassegnati alle favole del mercato. L’opportunità è quella di rivendicare che l’intervento pubblico risponda anche a criteri di pubblica utilità e non serva solo a salvare gli azionisti, i manager e le loro ricchezze. Per il sindacato questo significa abbandonare definitivamente le compatibilità dell’era liberista. Significa ribaltare concetti che erano diventati la normalità del buon senso sindacale e che ora si rivelano privi di aggancio con la realtà. Altrimenti accadrà che, mentre banche e imprese organizzano, assieme ai governi, il loro socialismo, solo per i poveri e i lavoratori resta il mercato.
Se Berlusconi diventa socialista, forse c’è lo spazio perché il sindacato torni ad assumere, nei programmi come nella pratica, un punto di vista critico rispetto al capitalismo.

20 febbraio 2009


http://www.rete28aprile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=94:190209-gcremaschi-nazionalizzare-e-la-via-giusta&catid=26:comunicati-stampa&Itemid=21

G.Cremaschi: Nazionalizzare è la via giusta

Nota stampa: “Se il Presidente del Consiglio non farà le solite smentite e le sue affermazioni potranno essere prese sul serio, con tutto il beneficio d’inventario dunque, se davvero il governo italiano pensa all’uso dello strumento delle nazionalizzazioni per affrontare la crisi, bisogna dire che questa è una via giusta. (...)

La nazionalizzazione può diventare una via obbligata di fronte alla crisi dei mercati e del privato. Non si può nemmeno fermare alle banche, ma deve intervenire in tutti i settori strategici.”
“Tra qualche mese, di fronte all’aggravarsi della crisi, la discussione vera non sarà più se nazionalizzare o meno, ma se nazionalizzare facendo regali alle famiglie e al capitale privato o invece nazionalizzare per sostenere economie e redditi. Si potrebbe intanto cominciare fermando i processi di privatizzazione nei servizi e nelle aziende pubbliche, che oggi non hanno più alcun senso.”

Roma, 19 febbraio 2009

giovedì 19 febbraio 2009

Video sull'iniziativa del 27

Il video che pubblicizza la nostra iniziativa sulla crisi economica del 27 di questo mese.


martedì 17 febbraio 2009

Indignazione e socialismo. La sinistra di fronte alla crisi

In vista del dibattito sulla crisi economica che si terrà a Luzzi venerdì 27 febbraio nella Sala di Rappresentanza del Comune, alla presenza di Fosco Giannini del PRC, Pino Sgobio del PdCI e Pietro Rossi segretario della CGIL di Cosenza, pubblichiamo un articolo uscito qualche mese fa su Liberazione a firma di Giorgio Cremaschi, leader della rete 28 Aprile, una delle correnti più a sinistra della CGIL.

E' interessante notare come Cremaschi, quando ancora la crisi economica era al suo inizio e non era esplosa in tutta la sua drammaticità, fosse riuscito a prevedere quello che sarebbe successo da li alle settimane successive e cioé la complicità di CISL e UIL col governo, l'attacco alla contrattazione e al salario, il tentativo di uscita dalla crisi attraverso lo scatenare la guerra tra poveri.

E' altresì interessante sottolineare il fatto che Cremaschi indichi che dopo la recessione economica nulla sarà come prima e come questo non sia il momento di affermare vacui riformsmi moderati, ma una nuova e più convinta radicalità, in modo che dalla crisi non si esca a destra. Tale progetto per Cremaschi ha un nome: socialismo. Il ruolo di Rifondazione Comunista e dei comunisti tutti, è di ridare senso a questa parola che decenni di campagne mediatiche denigratorie, ma anche errori nostri e dei nostri dirigenti, hanno fatto perdere.

Luciano Altomare


http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=17595

Indignazione e socialismo. La sinistra di fronte alla crisi

di Giorgio Cremaschi

su Liberazione del 19/10/2008


Indignazione. Questo è il sentimento, questa è la parola di cui abbiamo bisogno. La stessa che veniva cantata durante la lunga marcia della rivoluzione cinese.
Ci hanno assordato per anni sull'inutilità e sui danni dell'intervento pubblico. La vicenda Alitalia è stata affrontata, con spirito bipartisan, negando la possibilità e l'utilità stessa di un intervento dello Stato per salvarla. Ora, in tutto l'Occidente si spendono, anzi si buttano via, cifre colossali per sostenere con i soldi dei cittadini banche e banchieri. Nasce il socialismo dei ricchi.
A Bruxelles l'industria italiana e quella tedesca chiedono di poter inquinare senza limiti, perché c'è la crisi. In Italia la Confindustria, con la gioiosa complicità di Cisl e Uil, ripropone la sua idea di centralità del lavoro: per andare avanti bisogna ridurre il salario e la contrattazione e accrescere la precarietà e l'orario di lavoro. In fondo, non c'è da stupirsi. Coloro che oggi sfacciatamente eseguono la più trasformista delle giravolte, scoprendo lo stato, le regole, la condanna delle speculazioni e delle cattive intenzioni dei manager, sono gli stessi che ci hanno portato fino a qui. Politici, economisti, imprenditori, giornalisti e intellettuali, tutti appartenenti allo stesso campo del pensiero unico liberista e tutte e tutti ancora lì, nei giornali o in televisione, a sentenziare come sempre.

Come dimostra quel sensibile termometro della realtà degli affari che è la Borsa, la crisi che abbiamo di fronte è strutturale e non sarà certo di facile soluzione. E' inutile disquisire se essa è la crisi estrema del sistema capitalistico o solo quella di una sua fase.
La sostanza è che un intero percorso del sistema economico mondiale si è interrotto, e chi governa l'economia e la politica è oggi incapace di farlo riprendere. I paragoni normalmente sono con le due più gravi crisi economiche del secolo scorso. Quella del '29 e quella iniziata negli anni Settanta. In realtà esse furono molto diverse. Quella del '29 veniva al culmine di un'intensa fase di sviluppo capitalistico che si era affermata in Occidente dopo la sconfitta del movimento operaio, che in tutti i paesi industrialmente più avanzati aveva portato la radicalità della rivoluzione russa. Quella degli anni Settanta invece nasceva proprio come risposta all'offensiva dei lavoratori occidentali, dei popoli e dei paesi del terzo mondo, che non accettavano più la quota di ricchezza e di potere che il capitalismo ad essi assegnava. Il liberismo che si affermava progressivamente in tutto il mondo occidentale e poi dilagava ovunque dopo il crollo dell'Urss, era la risposta delle classi dominanti a un'offensiva sociale mondiale. Il capitalismo si liberava dei lacci e lacciuoli che lo vincolavano ai diritti del lavoro e allo stato sociale e da qui rilanciava lo sviluppo. La crisi del '29 invece avveniva ben dopo che gli operai, i movimenti rivoluzionari, erano stati sconfitti. Essa giungeva al culmine di una crescita economica edificata sulle macerie della disfatta operaia. La crisi attuale somiglia pertanto molto di più a quella del '29 che a quella degli anni Settanta. Essa conclude un ciclo iniziato con le presidenze Reagan e Thatcher, con la sconfitta operaia alla Fiat, con l'attacco sistematico ai diritti e ai contratti delle classi operaie occidentali, con il dilagare di quel sistema di super sfruttamento mondiale del lavoro che è stato chiamato globalizzazione.

Il fatto che ci siano voluti trent'anni per la crisi, quando al crollo del '29 si arrivò dopo meno di un decennio di capitalismo selvaggio trionfante, dimostra la solidità e la forza dello sviluppo liberista, alimentate dall'egemonia totale conquistata dall'ideologia del mercato nella politica e nella cultura. Ma anche se ben più solido di quello degli anni Venti, è comunque un intero modello di sviluppo che si sta esaurendo. Per questo tutte le misure finora prese, al di là delle ridicole affermazioni tranquillizzanti dei governanti e di un'informazione in gran parte asservita, hanno la stessa crescente inefficacia. I soldi pubblici che si spendono, le deroghe ambientali, le deroghe contrattuali, le emergenze autoritarie, la xenofobia, l'intolleranza, hanno tutte lo stesso segno. Sono il tentativo disperato di continuare a perpetuare un sistema che è arrivato al suo limite. Si cerca di sostenere la ricchezza accumulata in questi anni con l'ennesima versione della politica dei due tempi, spiegando che se quella ricchezza si salverà, qualcosa toccherà anche a chi non la possiede. Ma proprio qui sta la contraddizione di fondo. Lo scandalo per la leggerezza con cui le banche americane hanno distribuito prestiti è stupido ed ipocrita. In un regime di bassi salari, di riduzione dei diritti e di precarietà del lavoro, l'unico modo per far acquistare l'enorme quantità di merci prodotte dal sistema mondiale, è quello di permettere ai poveri di indebitarsi per comprarle. Si è tentato di trasformare lavoratori, pensionati, disoccupati, in piccoli redditieri a debito, per evitare il crollo della produzione, per impedire quella che Marx avrebbe giustamente chiamato la crisi di sovraproduzione. Oggi è questo meccanismo che va in collasso e tutti i tentativi di restaurarlo non solo non portano a risultati, ma finiscono per sottolineare ancor di più la gravità della situazione. E' falso il presupposto che ci sia una crisi finanziaria che si sta trasferendo nell'economia reale. E' vero l'esatto contrario, e cioè che l'esplosione della bolla finanziaria mondiale nasce da un'economia reale malata, malata di bassi salari, supersfruttamento del lavoro e dell'ambiente, distruzione di risorse e culture pubbliche per favorire il privato. E' questa economia reale malata che ha cercato di sopravvivere gonfiando la bolla speculativa e usandola come una sorta di ammortizzatore sociale mondiale. Ora il crollo della finanza mostra non la salute, ma la malattia profonda del sistema produttivo mondiale.
E' per questo che serve una critica di sistema. Forse serve allo stesso capitalismo, che senza di essa è naturalmente portato all'autodistruzione narcisistica. Oggi molti sostengono che occorra un nuovo compromesso tra stato e mercato, tra politica ed economia, tra capitale e lavoro. Si dimentica però che il compromesso keynesiano travolto dalla reazione degli anni Settanta, non è nato da un progetto costruito a tavolino, né in America, né in Europa, né nel resto del mondo. Esso fu la risultante di lotte e conflitti sociali durissimi, della guerra, della distruzione del fascismo, dei successi, pur tra enormi contraddizioni, del movimento comunista mondiale. Il balbettare attuale delle sinistre di governo, che restano tali anche quando sono all'opposizione, la loro subalternità alle ricette della destra, peraltro anch'esse confuse e inefficaci, è la dimostrazione che non è più tempo di riformismo, ma urge la ricostruzione di un pensiero e di un punto di vista alternativo a quello su cui si fonda il capitalismo. Di fronte al socialismo dei ricchi bisogna prima di tutto ridare legittimità e forza al pensiero e alle rivendicazioni concrete del socialismo dei lavoratori e dei popoli. Anche a questo serve l'indignazione. Con che faccia potranno ancora dirci, quando attaccheranno le pensioni pubbliche, che lo stato non può intervenire e che dobbiamo impegnare le nostre liquidazioni nei fondi pensione privati? Con che faccia ci spiegheranno che sono inevitabili i licenziamenti, la precarietà, il taglio dei salari, i sacrifici, dopo che tutti i conti che ci vengono presentati sono frutto del costo di trent'anni di capitalismo sfrenato e rapace? Con che faccia potranno dirci che la scuola pubblica è inefficiente e che l'istruzione deve diventare ancella dell'impresa, quando è proprio la cultura manageriale che ha governato il mondo a mostrare tutti i suoi limiti di comprensione della realtà e anche di moralità?

Con che faccia potremmo ancora accettare che ci si dica che siamo tutti nella stessa barca? Solo con quella della rassegnazione, solo con la rinuncia a pensare e a lottare. Le riforme e i compromessi verranno, ma solo travolgendo i rapporti di forza, le culture e le classi dirigenti che hanno portato all'attuale disastro.

Quando nel 1989 crollò il muro di Berlino e con esso tutto il sistema sovietico, marcio nelle fondamenta per il dominio sfacciato della burocrazia, Norberto Bobbio lanciò un avviso al capitalismo trionfante. E' vero che la lunga marcia del movimento operaio si era interrotta ma, sottolineava Bobbio, se il capitalismo si fosse fatto di nuovo prendere dalla frenesia di sé stesso, se non fosse stato in grado di limitarsi e criticarsi, la lunga marcia sarebbe ripresa. E' quello che deve accadere.

mercoledì 4 febbraio 2009

I comunisti di fronte alla crisi: dibattito a Luzzi con Fosco Giannini (PRC) e Pino Sgobio (PdCI)





A poche ore dal voto favorevole della Camera all'introduzione dello sbarramento a 4% per le elezioni europee, il Partito della Rifondazione Comunista di Luzzi annuncia una sua ulteriore iniziativa, a dimostrazione che il lavoro politico e sociale non può essere fermato da nessun comportamento antidemocratico ne da parte della destra populista e reazionaria, ne da parte di quel PD che ha orami rinunciato a qualsiasi ruolo di opposizione e si è aperta totalmente all'inciucio con Berlusconi.

Prova ne è non solo il cambiamento della legge elettorale europea a 4 mesi dalle elezioni (ma si fece il porcellum di Calderoli a ridosso delle politiche del 2006, DS e Margherita non gridarono al regime?), voluto da Veltroni per poter ripetere la storia del voto utile, rubare voti alla sinistra e cercare così di frenare il crollo di un Partito Democratico sempre più derelitto. Ma anche l'astensione sul federalismo fiscale (con qualche distinguo che è venuto, e mi sembra anche logico, solo dai parlamentari del sud); l'abbandono a se stessa della CGIL (quella che una volta era il bacino elettorale dei DS...) di fronte all'accordo separato firmato da CISL, UIL e UGL che indebolirarà sempre più la contrattazione sindacale e il ruolo dei lavoratori di fronte al capitale; il prossimo inciucio sulle nomine del CdA RAI.

Di fronte a questo palese abbandono di ogni richiamo, anche solo teorico, ai valori e alle idee storiche della sinistra da parte del PD, Rifondazione Comunista, dal congresso di Luglio in poi, ha deciso di offrire una linea politica alternativa in tutto a quella democratica, e ne sono prova le sue battaglie di questi mesi.

Tale indirizzo è più che mai vivo anche a Luzzi dove, dopo la mobilitazione contro la legge Gelmini-Tremonti, dopo la raccolta delle firme per il referendum contro il Lodo Alfano, dopo la distribuzione di pane a prezzo calmierato mediante i Gruppi d'Acquisto Popolare, si è deciso che i comunisti in questo preciso momento storico, non possono non dire la loro sulla più grave crisi economica mondiale dopo quella del 29.

Per questo motivo, venerdì 27 Febbraio, alle ore 19:30, presso la sala di Rappresentanza del Comune di Luzzi, grazie agli sforzi del compagno del Partito dei Comunisti Italiani Alessandro Belmonte (curatore del sito ilbriganterosso.info), si darà vita ad un dibattito dal titolo "“I comunisti e la sinistra di fronte alla crisi capitalistica mondiale". Interverranno il compagno Fosco Giannini (direttore della rivista "L'Ernesto, componente della Direzione Nazionale del PRC ed ex senatore eletto proprio nel collegio calabrese), il compagno Pino Sgobio (componente della segreteria nazionale del PdCI ed ex capogruppo del partito alla Camera), Pietro Rossi (segretario generale della CGIL di Cosenza), il compagno Angelo Broccolo (segretario del PRC di Cosenza), il compagno Antonio Morrone (segretario del PdCI di Cosenza). I lavori saranno moderati dal segretario del PRC di Luzzi, il compagno Francesco Altomare, mentre porterà i saluti il sindaco di Luzzi, Manfredo Tedesco.

L'incontro sarà importante non solo per l'importantissimo tema della crisi economica, ma perché segna anche l'ulteriore riavvicinamento di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani, nell'ottica del superamento della scissione del 1998 e della unione dei Comunisti (la manifestazione è segnalata anche sull'importante sito nazionale dell'Ernesto)

Ringraziamo ancora una volta il compagno del PdCI Alessandro Belmonte, vero artefice dell'iniziativa, ed invitiamo tutta la cittadinanza a parteciparvi. Nei prossimi giorni continueremo a sponsorizzare la manifestazione sui media locali, mentre sul blog lanceremo il dibattito sulla crisi economica, il ruolo dei comunisti, le prossime elezioni provinciali ed europee. Chiunque volesse intervenire può o lasciare un commento sul blog o inviare una mail a rifondazioneluzzi@libero.it per vedere pubblicato il proprio intervento.