lunedì 30 marzo 2009
domenica 29 marzo 2009
Su Facebook le proposte per il cineforum e il percorso di formazione!
http://www.facebook.com/home.php?#/group.php?gid=61104962757&ref=mf
E qui la descrizione del gruppo:
Parlando tra la gente, ciò che emerge di più è la concezione della politica vista come un enorme apparato burocratico, in cui si praticano carrierismi e clientelismi della peggior specie. Agli occhi delle persone, ogni idea di rappresentanza delle istanze sociali, ogni tipo di riconoscimento teorico - pratico in un determinato ideale, è sparito per far posto al poltronismo più sfrenato.
In questa situazione è necessario affrancarsi dall'idea esclusivamente istituzionale della politica, e questo è vero ancora di più per un partito come Rifondazione Comunista, che si batte per il superamento del capitalismo e per instaurare una società più giusta ed egalitaria.
Nel comune di Luzzi, il nostro circolo PRC, ha da tempo intrapreso una precisa linea politica che vuole la costruzione del Partito Società - Partito Sociale, il quale rappresenti le istanze della propria base, e nel quale non ci sia nessuna differenza tra questa stessa base e la dirigenza.
In questo senso, per il prossimo mese abbiamo deciso di inaugurare un Cineforum Tematico e un Percorso di Formazione Teorico - Politica, aperto non solo ai militanti di Rifondazione o ai suoi simpatizzanti, ma anche a tutti coloro che si interessano di Cultura Politca e vogliono confrontare e mettere in gioco le proprie conoscenze.
Il gruppo serve a raccogliere le proposte sia dei Film che verranno trasmessi nel Cineforum, sia quelle degli argomenti teorici da trattare durante il Percorso di Formazione.
Per ogni cosa, fate riferimento al nostro sito http://prcluzzi.blogspot.com o mandate una mail a rifondazioneluzzi@libero.it
Siamo aperti ad ogni tipo di suggerimento.
sabato 28 marzo 2009
Documento dell’Area Ferreriana del Circolo del Prc di Luzzi presentato nel direttivo di giovedi.
1) Scelta del Candidato locale alle elezioni del Consiglio Provinciale;
La nostra area auspica un appoggio unanime da parte dell’intero nucleo dirigenziale locale al futuro candidato, che riteniamo possa essere rappresentato in maniera eccellente dal Segretario Dott. Francesco Altomare, figura di spicco e molto rispettata nel panorama politico Luzzese.
In caso, nel corso del Direttivo, si dovessero prendere in esame diverse posizioni, siamo pronti a convergere su altre personalità autorevoli che compongono il nostro partito, e, se ritenuto opportuno, a presentare una nostra proposta, possibilmente dell’area giovanile del Partito.
2) Richiesta ai dirigenti locali di appoggio unanime e incondizionato al futuro candidato alle Provinciali;
3) Costituzione gruppo di lavoro per le prossime elezioni Provinciali ( con addetti che curano i minimi dettagli della campagna elettorale zona per zona) e Europee;
4) Istituzione regolamento interno come da statuto (per i dirigenti che si assenteranno per tre volte ingiustificatamente ai Direttivi dovrà partire la procedura di espulsione dall’organo dirigenziale con annessa sostituzione;
5) Intitolazione Sede Circolo Prc di Luzzi con relative proposte;
6) Istituzione del progetto ”CINEFORUM”, che dovrebbe svolgersi all’interno della nostra sede tra i mesi di Aprile e Maggio, a cura dei Giovani Comunisti
Lista film da trasmettere: I diari della motocicletta, Novecento, Sciopero, I cento Passi, Goodbye Lenin, Fidel, Documentario sulla Rivoluzione d’ottobre;
7) Corso di formazione Politica per i giovani iscritti e per i simpatizzanti del partito, tenuto dalla componente giovanile dirigenziale del nostro circolo.
I dirigenti Locali
Pietro Ciardullo
Simon V. De Marco
Luciano Altomare
Camillo Borchetta
venerdì 27 marzo 2009
Report del direttivo di giovedì 26 marzo 2009
L'inizio dei lavori si è avuto con la proposta dei Giovani Comunisti presenti nell'organo dirigenziale, di avviare un cineforum tematico e una serie di iniziative volte alla formazione teorico-politica dei militanti; gli stessi, inoltre, hanno avanzato la proposta di istituire una norma statutaria che vuole la sostituzione di quei componenti del direttivo che abbiano accumulato tre assenze consecutive ingiustificate. Entrambi gli ordini del giorno sono stati approvati all'unanimità.
Si è discusso, poi, delle prossime elezioni provinciali ed in merito è stato deciso di convocare per mercoledì 1 Aprile una riunione con i compagni di Bisignano e Santa Sofia d'Epiro (con i quali Luzzi condivide lo stesso collegio provinciale), per costruire un coordinamento in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Allo stato delle cose, come stabilito qualche settimana fa nella Federazione Cosentina, è certo che il candidato del collegio sarà espresso dal circolo di Luzzi.
Nelle prossime ore, sul blog, si avranno maggiori informazioni sia sul progetto del cineforum, sia su quello del percorso di formazione.
mercoledì 25 marzo 2009
Domani riunione del direttivo
Maggiori notizie le pubblicheremo il giorno dopo la riunione.
martedì 24 marzo 2009
sabato 21 marzo 2009
Dal sito de "l'Ernesto": Report dell'iniziativa del 27 febbraio
Report Luzzi (Cosenza) 27 Febbraio
di Luciano Altomare e Camillo Delfino Borchetta
su L'ERNESTO del 20/03/2009
“I comunisti e la sinistra di fronte alla crisi capitalistica mondiale”
Di fronte ad una davvero folta ed attenta platea ( circa un centinaio di persone nella Sala convegni del Comune di Luzzi), composta non solo da residenti del luogo ma anche da molti/e compagni/e dei comuni del circondario, si è tenuto a Luzzi (Cosenza) l’incontro-dibattito dal titolo “I comunisti e la sinistra di fronte alla crisi capitalistica globale”, organizzato da l’ernesto, dal PRC e PdCI locali. Relatori sono stati Antonio Morrone (segretario PdCI Cosenza), Angelo Broccolo (segretario PRC Federazione Cosenza), Delio Di Blasi (segreteria CGIL Cosenza), Pino Sgobio (segreteria nazionale PdCI ed ex capogruppo alla Camera), Fosco Giannini (direzione nazionale PRC, direttore de “l’Ernesto” ed ex senatore eletto in Calabria). Il dibattito è stato introdotto da Francesco Altomare (segretario cittadino PRC).
Ringraziando gli intervenuti e gli autorevoli relatori presenti, Francesco Altomare ha sottolineato come non sia affatto scontato che dalla crisi si esca a sinistra, ma anzi sia molto più probabile che i poteri forti cerchino l’uscita a destra. In questo senso egli ha sottolineato l’importanza delle prossime consultazioni elettorali e la necessità di condurre una campagna elettorale seria e capillare, fatta di continue iniziative sul territorio. In conclusione del suo intervento, ha inoltre evidenziato le ormai totalmente coincidenti posizioni politiche di PRC e PdCI, e quanto sia sentito nella base il sentimento della riunificazione.
E’ stato poi la volta di Antonio Morrone : anch’egli ha rimarcato il tema dell’unità dei comunisti, approfondendo inoltre l’importanza di riprendersi la piazza che la sinistra ha tragicamente lasciato a Di Pietro, il quale viene visto dal paese reale come l’unica opposizione a Berlusconi, ma che senza la presenza dell’attuale presidente del Consiglio, sarebbe chiaramente un uomo con posizioni politico-ideologiche totalmente lontane da quelle della sinistra stessa.
E’ intervenuto poi Angelo Broccolo, il quale ha parlato dell’importanza per il PRC di essere presente nelle istituzioni ( “ ambito diverso della lotta di classe”) e di evitare inutili settarismi. A tal proposito ha chiaramente detto che il fatto che il PRC si presenterà insieme al PD alle prossime elezioni provinciali di Cosenza, è stato determinato dalla buona azione svolta dalla uscente giunta, di cui il partito faceva già convintamente parte. Proprio questa presenza nelle amministrazioni, a detta di Broccolo, serve a dare voce alle vertenze che si creano sul territorio, delle quali Rifondazione Comunista deve essere la principale e naturale interessata.
In sostituzione del segretario generale della CGIL di Cosenza Pietro Rossi, non presente perché a Brindisi per un altro convegno, ha parlato Delio Di Blasi, componente della segreteria sindacale cittadina. Nel suo discorso egli si è soffermato su quanto grave sia la crisi in corso e contemporaneamente quanto inefficaci siano le manovre del governo. L'ormai definitivo distacco della CGIL di lotta da parte del PD, secondo Di Blasi, offre l'opportunità alla sinistra e ai comunisti di tornare ad avere un ruolo principale nel sindacato e in questo senso, citando un articolo di Tonino Perna comparso recentemente su Liberazione, ha loro proposto di costruire insieme una campagna politico-mediatica con lo scopo di chiedere la nazionalizzazione del credito. Molto apprezzato è stato il suo passaggio in cui ha parlato di come l'egemonia culturale che un tempo era indiscutibilmente in mano alla sinistra, oggi sia andata totalmente persa a favore, incredibilmente, della destra più populista e reazionaria.
Penultimo intervento è toccato a Pino Sgobio. L’ex capogruppo alla Camera ha fatto un articolata analisi della crisi economica, sottolineando il fatto che già da ora il capitale sta provando a preparare la propria restaurazione, ed è questo il principale obiettivo a breve termine contro cui i comunisti devono combattere. Inoltre ha affrontato il tema delicato della passata esperienza del governo Prodi, una legislatura che ha deluso totalmente chi vi aveva visto la possibilità di cambiamento, e quello dedicato al cosiddetto veltronismo, il tentativo cioè del PD di eliminare dalla vita istituzionale qualsiasi ipotesi e progetto di sinistra. Sgobio ha concluso il suo intervento sottolineando l’importanza di riunire la sinistra, cominciando per prima cosa a riunire i comunisti.
La conclusione del dibattito è stata effettuata dal compagno Fosco Giannini. Il direttore de l’ernesto ha iniziato evidenziando il fallimento delle analisi di Fukujama e di come l’antimperialismo e la trasformazione sociale abbiano saputo trovare nuova linfa in America Latina, a partire dalla coraggiosa ed eroica resistenza di Cuba alle influenze statunitensi. Cardine del suo discorso è stata la convinzione della centralità che l’imperialismo ha avuto nel determinare l’attuale crisi economica e a questo proposito egli si è augurato che la riunificazione dei comunisti, possa portare a recuperare sia la nozione di imperialismo che la prassi antimperialista ( a partire delle lotte contro le basi NATO in Italia). Giannini ha definito improrogabile la riunificazione del PRC e del PdCI, non solo perché così si costruirebbe un partito con una base di iscritti tra i 100mila e i 130mila compagni/e, ma anche perché così facendo si potrebbe ricomporre la diaspora comunista, richiamando così quei circa 400mila comunisti/e che oggi, pur definendosi tali, non votano ne Rifondazione ne Comunisti Italiani. In questo senso, egli si è detto soddisfatto del fatto che nelle decine e decine di iniziative svolte in tutta Italia da l’ernesto ( assieme a tante altre forze, comuniste, di sinistra e di movimento) sia riuscito a percepire quanto, rispetto all’unità dei comunisti, la base sia molto più avanti rispetto ai gruppi dirigenti.
venerdì 20 marzo 2009
Nella biblioteca di Lenin, letture contro il postmoderno
Claudio Grassi
L'ultimo lavoro di Gianni Fresu ( Lenin lettore di Marx , La Città del Sole, 253 pp.) ha diversi meriti. Il primo è senz'altro di tipo didattico: non capita spesso di avere tra le mani un libro che, con semplicità e, al contempo, rigore accademico, ricostruisce per i lettori (in primo luogo per i più giovani) oltre un secolo di dibattito teorico (filosofico e politico).
Il tema affrontato, lungo i tre capitoli di cui si compone il libro, è - essenzialmente - il rapporto tra l'opera di Marx e gli scritti di Lenin, analizzato sotto la lente prospettica della continuità che lega il secondo al primo e che, insieme, connette Lenin e Marx (da Lenin letto tramite quest'ultimo) a Hegel.
Ma ci inganneremmo se pensassimo al testo di Fresu soltanto come ad un'opera di critica filosofica. La tensione che anima le pagine di Lenin lettore di Marx è pedagogica e politica. A vent'anni dal crollo dell'Unione Sovietica tutto il pensiero marxista è oggetto di una condanna sommaria e definitiva che sta rischiando di condurre - insieme al rifiuto di analizzare seriamente in sede storiografica le esperienze storiche del socialismo reale - alla completa cancellazione della tradizione interpretativa comunista. In ambito accademico e finanche nelle analisi teoriche dei gruppi dirigenti della sinistra, introiettando il giudizio dei vincitori, secondo cui il Novecento altro non sarebbe che il «secolo degli orrori» e Lenin - come scrive Fresu - la «origine del peccato».
Qui si colloca il secondo merito del lavoro di Fresu, il quale recupera e riporta alla luce una pagina importante del secolo «rimosso», sottraendo Lenin alla vulgata che lo vuole teorico «dottrinario» e «ortodosso». Al contrario, Fresu dimostra come l'intera opera di Lenin (sia le opere strettamente filosofiche, come i Quaderni filosofici , sia gli scritti politici, a cominciare dal Che fare? ) metta in rilievo la notevole complessità e capacità innovativa di Lenin.
Questo è il punto dirimente: dal momento che la rimozione del Novecento (e quindi anche di Lenin) passa per la sua banalizzazione, Fresu ci insegna che l'arma che abbiamo è la complessità. E nell'opera di Lenin (meglio: nella sua concezione filosofica del mondo) c'è una capacità di ragionare e analizzare il reale profondissima.
In questo senso si spiega il rifiuto leniniano del revisionismo e del determinismo volgare, del meccanicismo positivista della Seconda Internazionale. Un rifiuto che è politico (perché si definisce sul terreno della critica all'approdo parlamentarista e socialdemocratico dei suoi maggiori teorici, da Bernstein a Kautsky) ma anche filosofico, perché ricolloca al centro la dialettica (di matrice hegeliana, appunto), la quale è sempre strumento di critica.
Nel processo dialettico (anzi: nell'unità dialettica del rapporto tra soggetto e oggetto) acquista rilievo il momento della coscienza oggettiva, determinata dall'intervento consapevole del soggetto nel processo oggettivo. Solo così è possibile attingere alla dimensione totale dei processi e comprendere, di conseguenza, le relazioni concrete tra i fatti e gli eventi. L'oggetto della conoscenza è la realtà concreta, il carattere fenomenico dei processi reali, non un'idea astratta. Ed il partito comunista è lo strumento di una coscienza oggettiva che si determina sul terreno materiale della società e nelle maglie delle sue contraddizioni. È per questo che Lenin non pensa al socialismo in via astratta, ma sulla base di rigorosi studi storici ed economici, addirittura statistici, intorno alla struttura concreta delle formazioni sociali.
Tutto questo ci dice qualcosa del presente? La battaglia leniniana contro il determinismo e, parallelamente, contro l'idealismo del piccolo produttore (l'utopia di potersi collocare, idealisticamente, al di fuori dei rapporti sociali di produzione) non riguarda anche noi? Non riguarda anche la nostra battaglia ideologica contro quel pensiero debole e post-moderno che teorizza la fine della Storia e del lavoro e l'avvento dell'epoca delle moltitudini auto-organizzate e delle organizzazioni leggere?
Se ci pensiamo bene cambiano i tempi ma gli interrogativi di fondo rimangono gli stessi. La critica leniniana dell'empiriocriticismo e della sua «mistica malsana» è la critica - attualissima - di una concezione del mondo (che oggi chiamiamo «relativismo») che esclude la possibilità di una conoscenza oggettiva e depotenzia, nella tematizzazione di un soggetto puramente astratto, le potenzialità rivoluzionarie del soggetto sociale.
Rileggere Lenin (e il Marx di Lenin) è allora utile. È un antidoto contro il soggettivismo (e cioè l'idea che il soggetto, non potendo conoscere, non è artefice del proprio destino) e contro la tendenza, diffusa a sinistra, ad introiettare le ragioni culturali della sconfitta.
Rileggere Lenin attraverso le pagine del libro di Gianni Fresu è, oltre che utile, un'attività piacevole, nel corso della quale il lettore potrà apprezzare una attenzione filologica rigorosa e una passione (un coinvolgimento politico nei testi e nei problemi) davvero inusuali.
domenica 15 marzo 2009
Un nuovo intervento pubblico in economia: l'editoriale domenicale di Ferrero
http://liberazione.it/giornale_articolo.php?id_pagina=64628&pagina=18&versione=sfogliabile&zoom=no&id_articolo=446320
Paolo Ferrero
Le centinaia di migliaia di lavoratori che hanno perso il lavoro nei primi mesi di quest'anno rappresentano plasticamente la gravità della crisi. Una crisi che non è caduta dal cielo, non è il frutto di qualche cattivo banchiere che ha falsato le regole del gioco; una crisi che è il frutto proprio di quelle politiche liberiste che i capitalisti hanno portato avanti dagli anni '80 e che sono state condivise a livello politico sia dal centro destra che dal centro sinistra. Al centro di queste politiche abbiamo avuto la finanziarizzazione dell'economia e la sistematica compressione dei salari, delle pensioni e dello welfare. Politiche tutte orientate all'esportazione e alla speculazione finanziaria a breve hanno prodotto la situazione attuale: le banche sono piene zeppe di titoli che non valgono nulla e milioni di lavoratori non hanno i soldi per arrivare a fine mese, cioè per comprare le merci e i servizi che producono. Questa crisi è quindi una crisi del meccanismo di accumulazione capitalistico, non solo una crisi economica ma ambientale e alimentare. Da una crisi di questa natura non è possibile uscire senza una radicale messa in discussione della distribuzione del reddito e del potere e senza riprogettare il modello di sviluppo: cosa, come, per chi produrre. Se non si affrontano tali nodi, l'idea che la crisi sia destinata dopo un po' a risolversi "da sola" e che quindi si tratti solo di aspettare, è sbagliata.
Da questo punto di vista è evidente che la politica che sta facendo il governo Berlusconi non è finalizzata all'uscita dalla crisi da piuttosto all'uso della crisi a fini politici.
Berlusconi sta usando la crisi per costruire una organica svolta a destra: presidenzialismo, distruzione del sindacato, attacco ai diritti sociali e civili, aggressione all'ambiente e sua mercificazione, promozione di ideologie razziste, sessiste e clericali come "religione civile" del paese. Le ideologie reazionarie non sono un optional di questa politica: costituiscono il collante ideologico che permette di costruire consenso anche tra chi vede peggiorare la propria condizione. Bossi e il Papa svolgono la funzione deleteria che hanno svolto i nazionalisti e i nazionalismi all'inizio del ‘900. La gestione autoritaria della frantumazione del conflitto sociale è l'obiettivo berlusconiano: il clerico fascismo per l'appunto. L'obiettivo della destra non è quindi l'uscita dalla crisi ma l'uso della stessa per costruire un regime reazionario.
Per uscire dalla crisi a sinistra e quindi per sconfiggere il progetto berlusconiano è quindi necessario costruire un movimento di massa per l'alternativa. Senza un progetto alternativo che unisca la difesa degli interessi materiali immediati ai valori civili e la proposta di uno sviluppo alternativo, di una rivoluzione ambientale e sociale dell'economia, non è possibile uscire positivamente dalla crisi.
Per questo dobbiamo far vivere dentro le lotte, a partire da quelle organizzate dalla Cgil e dal sindacalismo di base, la costruzione di una piattaforma di alternativa: pesante redistribuzione del reddito e salario sociale per tutti i disoccupati, intervento pubblico in economia per praticare la riconversione ambientale e sociale della stessa, proposta di un nuovo umanesimo laico che veda nell'autodeterminazione degli uomini e delle donne il punto focale. Per superare la frammentazione sociale e la guerra tra i poveri è decisivo che una piattaforma concreta di riunificazione sociale viva dentro la costruzione delle lotte.
Per questo dobbiamo proporre a livello europeo una radicale messa in discussione dell'Europa di Maastricht, costruita da socialisti e popolari, che ha costituzionalizzato il neoliberismo e il cui monumento è la Banca Centrale Europea, dove un pugno di tecnocrati decidono delle nostre vite senza alcun vincolo democratico e sociale.
La tassazione delle rendite finanziarie, la tobin tax sulle transazioni speculative, la rottura di ogni relazione finanziaria con i paradisi fiscali, la possibilità per i lavoratori di tornare in possesso del loro Tfr abbandonando i Fondi Pensione sono tutti elementi di questo disegno che dobbiamo far valere nelle lotte e nelle elezioni europee.
Il punto centrale di questo progetto è la proposta di un nuovo intervento pubblico in economia. Berlusconi propone un intervento pubblico distruttivo delle relazioni sociali e dell'ambiente: dal via libera alla speculazione edilizia alle centrali nucleari. Noi dobbiamo proporre un intervento pubblico che, a partire dalla nazionalizzazione delle banche e dallo stop ai contributi alle imprese, attivi ricerche e produzioni finalizzate alla soddisfazione dei bisogni sociali e non ai profitti.
Il livello europeo e quello delle lotte sono i terreni decisivi per la richiesta dell'alternativa. Uscire dal chiacchiericcio del bipolarismo tra simili che caratterizza il dibattito politico italiano e far emergere la concreta urgenza dell'alternativa nelle lotte e nella campagna per le europee è il nostro compito.
sabato 14 marzo 2009
Strupro della Caffarella: quella corsa al colpevole che non fa bene alla giustizia
Pietro Adami
Le ultime vicende di cronaca nera e giudiziaria impongono una riflessione. Da dieci anni a questa parte, i casi di cronaca nera di maggiore risonanza si concludono, sempre, con un processo. Le indagini si chiudono, sempre, con un colpevole presunto. Mai con l'ammissione che non si è fatta luce sul caso. E' un dato statistico piuttosto sorprendente. Soprattutto se confrontato con gli anni precedenti.
Mi spiego. Fino al 1997, in Italia vi sono stati innumerevoli "gialli". Definisco così i casi di cronaca nera seguiti assiduamente dalla stampa. Dai celebri gialli anni '50 e '60 (delitto di Torvaianica etc), fino ai più recenti "Giallo di Via Poma", "Giallo dell'Olgiata", etc. Caratteristica di quasi tutti questi casi è la chiusura delle indagini senza una richiesta di rinvio a giudizio. Ciò significa che le indagini si sono chiuse e gli inquirenti hanno riconosciuto che, dagli elementi in loro possesso, non era possibile accusare qualcuno del delitto. Ricordo le critiche, pesanti, piovute su magistrati e forze dell'ordine.
Da un certo momento in poi, le cose sono cambiate. La polizia ha smesso di brancolare nel buio, definitivamente. Oggi è impensabile che "non si trovi un colpevole". Quando un caso di omicidio viene seguito dalla stampa, e quindi diventa un Giallo, il colpevole è sempre individuato, ed il processo si svolge sempre. In nessun caso vi è la serena ammissione che non si sa chi sia stato a commetere il delitto o che non ci sono prove. Questo non avviene mai. Ciò che colpisce è soprattutto il modo in cui vengono messi insieme i pezzi, da parte degli accusatori, componendo e ricomponendo il mosaico, fintanto che non esce fuori una "storia". Spesso nel corso delle indagini si materializzano diverse "storie"; spesso si azzardano ipotesi totalmente incredibili. Anche questo è un tema rilevante. Viene ricercata una credibilità "onirica" più che reale. Non c'è bisogno che la storia possa realmente essere accaduta; l'importante è che sia verosimile nel mondo del fantastico ricostruito: nel mondo immaginato collettivamente, piuttosto che in quello reale.
L'anno di svolta è il 1997. Il caso: Marta Russo. L'intera città di Roma provò un brivido di sgomento per quella morte assurda. Si proveniva da anni di indagini andate a vuoto. Il desiderio collettivo che si trovasse il colpevole era enorme. Alla fine, Scattone e Ferraro, assistenti di filosofia del diritto, sono accusati e condannati per omicidio colposo. Ma ai nostri fini, quello che importa è che in un primo tempo si disse che, in quanto filosofi, avevano voluto compiere il "delitto perfetto". E' la prima delle Storie Inverosimili della recente cronaca. Fino a quel momento, il nostro paese aveva conosciuto i drammatici depistaggi degli anni della strategia della tensione. Ma erano depistaggi volontari, storie da proporre all'opinione pubblica con finalità predeterminate. Nel Giallo di Marta Russo avviene qualcosa di diverso, non ignoto alla storia: pregiudizi e paure collettive (...la paura dei filosofi...) prevalgono su quel minimo di verosimiglianza che una ricostruzione dovrebbe avere. Una sorta di moderna Storia della Colonna Infame. E la stampa si accoda (con lodevoli eccezioni, vedi il libro di Giovanni Valentini "Il mistero della Sapienza - il caso Marta Russo" - Baldini & Castoldi). Non è possibile entrare qui nei dettagli del caso, e neanche è rilevante. Ciò che conta è che con il caso Marta Russo si intraprende una strada pericolosa. La strada per cui la "storia" precede i fatti, e naturalmente le prove passano in secondo piano. Oggi, su quella strada si sono fatti molti passi.
Non voglio parlare del "Caso della Caffarella". Troppo oscuro, troppo caldo per farsi un'idea di cosa sia successo realmente. Preferisco restare su casi in cui le indagini si sono concluse. Si pensi alla triste vicenda di Meredith, ed alle accuse rivolte al povero Lumumba. Lumumba è quel ragazzo che in un primo tempo viene considerato parte del "terzetto satanico". Poi è scagionato da sedici testimoni tra cui un professore svizzero. Voglio essere chiaro: Lumumba è stato veramente fortunato e si è salvato per miracolo; poteva essere processato e forse anche condannato. La forza narrativa della storia avrebbe travolto perfino i testimoni. Certo, non sedici tra cui, sottolineo, il professore svizzero.
Le storie, nei processi (e nel circolo perverso tra processo ed informazione), regnano e condizionano i fatti. Il processo, e le indagini, non sono più (solo) il luogo della ricerca della verità, sono il luogo dove una buona storia vince su tutto: vince sulle prove, vince sulla credibilità; figuriamoci sulla presunzione di innocenza. Se sei dentro una storia calda, coinvolgente, romanzesca, sei nei guai. Nel caso di Perugia non si misurano solo accusa e difesa. Ci sono due storie in competizione: una, che vede coinvolto il solo Guedè, è desolante, squallida, triste. Lui entra e la uccide. L'altra è una storia forte e solletica gli istinti. E' la storia del terzetto satanico, della ridda erotica che non si ferma. Tra le due storie non c'è confronto. Il problema è che, viceversa, la realtà è più spesso semplice e squallida, che romanzesca.
Lasciamo da parte i singoli casi e torniamo all'esame del fenomeno globale, che appare evidente. Vi è una tendenza diffusa: alla fine qualcuno va accusato. Almeno, tu, investigatore, il tuo dovere l'hai fatto. Hai indicato il colpevole. Poi ci saranno i processi, poi magari gli imputati saranno assolti. Ma avverrà molto dopo, molti anni dopo. Quando il caso sarà quasi dimenticato e, comunque, l'assoluzione andrà sul conto dei giudici, degli avvocati, del sistema lento e dell'eccesso di garantismo. Non solo. Il colpevole va trovato in fretta, quando la pressione è forte. Poi magari si sostituisce con un altro (esce Lumumba, entra Guedè, ma il "terzetto satanico" resta). Lume e guida dell'indagine è l'ipotesi (la Storia). Storia che, disinvoltamente, viene aggiornata nel corso delle indagini, ma che alla stampa viene presentata, nell'ultima versione, sempre come vera e dimostrata.
Forse allora tra le cose spiacevoli, che questa società deve cominciare ad accettare, ci deve essere quella per cui alcuni casi, purtroppo, si chiudono senza un colpevole, senza un accusato, senza un processo. E che è meglio così. Perché, almeno, l'omicidio non abbia due vittime.
domenica 8 marzo 2009
Lettera a Ferrero sulla crisi economica
Caro Ferrero, sono un lettore saltuario del giornale del suo partito, ma ho capito che la vostra idea della crisi è molto precisa: si tratta di una crisi molto grave che non potrà far altro che peggiorare. Berlusconi invece tende a minimizzare. A chi dobbiamo dar ragione? L'esperienza quotidiana ci dice che la situazione è davvero seria e che non si vedono, al momento, dei veri spiragli di uscita. Come è possibile che un capo di governo nasconda a se stesso, e soprattutto agli altri la realtà? Avete torto voi, sbagliano i cittadini ed i lavoratori che si basano sulle loro esperienze, o siamo di nuovo di fronte ad un tentativo di truccare le carte? Cordialmente.
Luigi Rutigliano Milano
Caro Rutigliano, io penso che le recenti dichiarazioni di Berlusconi, a cui lei fa riferimento, siano un misto di irresponsabilità e di furberia, perché da un lato il Presidente del consiglio tende a negare l'evidenza e dall'altro cerca di indurre gli italiani a spendere i loro risparmi per far ripartire l'economia. Ossia chiede a ciascuno di noi - dopo anni in cui i redditi da lavoro sono continuamente diminuiti - di avere quella "fiducia" che le banche (che non prestano più soldi) e le imprese (che non investono più) invece non hanno. Un altro modo (oltre alla precarizzazione, alla riforma dei contratti, all'intervento sulle pensioni) per far pagare la crisi a chi non ne porta nessuna responsabilità. Un'altra "furbata" che però non conduce da nessuna parte, perché la consistenza del risparmio privato italiano, dopo anni di compressione dei salari e delle pensioni, non è certo in grado di far fronte ad una crisi di queste dimensioni.
Negli ultimi mesi è stata iniettata nel sistema finanziario e bancario mondiale una somma enorme di denaro che, aggiunta a quella utilizzata per salvataggi diretti di imprese, ammonta ad una cifra - oltre 2mila miliardi di dollari - nettamente superiore a quella ricavata dagli Stati in trent'anni di privatizzazioni, che corrisponde a 1.500 miliardi di dollari. A fronte di questo fiume di denaro, però, i risultati sono assolutamente nulli in termini di ripresa dell'economia reale: oltre alle stime, già pessimiste, del Fmi, ora anche la Bce, generalmente assai prudente, prevede che per quest'anno la contrazione delle economie europee oscillerà tra il 2,2 ed il 3,2% (mentre, fino a pochi giorni fa, si ipotizzava una oscillazione tra lo zero e l'1%!).
Come mai il più grande sforzo finanziario pubblico mai visto (ad eccezione dei periodi di guerra) non riesce ad avere alcun effetto se non quello di salvare i responsabili principali della crisi?
Ciò avviene prima di tutto perché le banche non rimettono in circolo i soldi avuti (direttamente o indirettamente) dagli Stati, e preferiscono metterli al sicuro presso le rispettive banche centrali. Lo fanno perché non si fidano dell'andamento dell'economia reale e perché non si fidano le une delle altre (nessuna di loro sa quanti titoli tossici abbia in mano l'altra e quindi quale sia l'affidabilità del sistema). Le banche non fanno le banche, insomma, ma neanche i governi fanno quello che dovrebbe essere il loro mestiere, visto che non sono riusciti a chiedere e ottenere, come contropartita dei loro massicci interventi, seri e precisi impegni di investimento. Del resto, di che stupirsi? I governanti in questione sono quasi sempre cresciuti nelle banche e nella finanza, ed alle banche ed alla finanza spesso fanno ritorno: non possono quindi permettersi di danneggiarle più di tanto. Basterebbero queste considerazioni per definire epocale la crisi che stiamo attraversando. Ma non c'è solo questo: infatti, anche se il denaro riprendesse a circolare troverebbe di fronte a sé un settore industriale che è in difficoltà perché è spesso attardato su mercati ormai saturi (come quello dell'auto), perché si è abituato a fare profitti attraverso la speculazione finanziaria (anche l'impresa ha a che fare con la finanziarizzazione, e non c'è una netta linea di demarcazione tra impresa "laboriosa" e finanza "speculatrice") e soprattutto perché i salari sono troppo bassi. I bassi salari sono stati il centro delle politiche neoliberiste e l'Italia li ha praticati pesantemente dal decreto di San Valentino di Craxi in avanti, in nome del rendere più competitive le imprese. Quella compressione dei salari praticata per vent'anni a livello mondiale che, se dà ossigeno al singolo capitalista, alla lunga danneggia il capitale nel suo complesso, perché abbatte la domanda.
E' esattamente quanto è avvenuto, infatti quella che viviamo non è la crisi della globalizzazione liberista ma esattamente il frutto di quella globalizzazione. La compressione dei salari che è all'origine della povertà relativa e quindi dell'indebitamento del consumatore statunitense, causa scatenante e non ancora superata della crisi in atto: se invece di costringere i lavoratori Usa ad indebitarsi, e invece di speculare sui loro debiti, si fosse accresciuta la loro domanda attraverso una crescita diretta del loro reddito, probabilmente non saremmo a questo punto.
Come si vede, quindi, non c'è solo la crisi della finanza; e nemmeno solo la crisi delle banche (di tutte le banche, e non semplicemente di quelle più "avventuriste"): c'è soprattutto una crisi interna del settore produttivo che in questi anni è stata tamponata dal ricorso a profitti speculativi ormai impossibili e da una umiliazione dei lavoratori che ormai produce crescenti disagio sociale. Siamo cioè di fronte ad una crisi complessiva del meccanismo di accumulazione capitalistico.
Questa è la realtà che dobbiamo guardare in faccia: per Berlusconi, certamente, non è una realtà tragica, ma per i lavoratori sì. Il fatto è che, nonostante gli importanti mutamenti avvenuti negli ultimi mesi, i rapporti di classe che hanno condotto alla crisi, ovvero il dominio del capitale monetario e l'indebolimento dei salari e dei diritti dei lavoratori, sono ancora sostanzialmente intatti. Ed impediscono quel grande e diretto intervento pubblico a rilancio della domanda sociale e di riconversione ambientale dell'economia, che è l'unica via d'uscita per la crisi. Infatti l'obiettivo di Berlusconi non è l'uscita dalla crisi, che richiederebbe come abbiamo visto una radicale messa in discussione della distribuzione del reddito e dei rapporti di potere. L'obiettivo di Berlusconi è l'utilizzo della crisi al fine di praticare una svolta reazionaria e antioperaia nel paese. L'obiettivo di Berlusconi è la gestione autoritaria della frantumazione del conflitto sociale, della guerra tra i poveri. Non a caso si aggredisce il contratto nazionale di lavoro, il diritto di sciopero, la scuola pubblica, lo stato sociale.
In queste condizioni chiediamo la generalizzazione degli ammortizzatori sociali per tutti coloro che perdono il posto di lavoro. Questo però non basta. Occorre praticare una seria redistribuzione del reddito, dall'alto in basso, dalle rendite e dai profitti verso i salari e le pensioni. Per questo chiediamo una politica fiscale di redistribuzione del reddito, che finanzi le politiche di ripresa (oltre che con un debito pubblico che ormai non è più un tabù per nessuno) con una parte significativa delle ingenti ricchezze accumulate in questi decenni. Decenni in cui ci hanno detto che l'arricchimento privato e la riduzione delle tasse sui redditi alti avrebbe portato ricchezza per tutti, perché tutti quei soldi accumulati e sottratti al fisco sarebbero stati reinvestiti produttivamente. Si è visto come è andata a finire. Per questo chiediamo di introdurre una tassa sui grandi patrimoni (sopra 500mila euro), di reintrodurre la tassa di successione per i grandi patrimoni, di aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie, di aumentare le aliquote sui redditi al di sopra dei 100mila euro, di rilanciare la lotta all'evasione fiscale. Occorre ricostruire una imposizione fiscale realmente progressiva. Non è solo questione di giustizia sociale ma è la condizione per costruire l'uscita dalla crisi.
lunedì 2 marzo 2009
Report dell'iniziativa dello scorso 27 aprile sulla crisi economica
Proprio questi è stato il primo a prendere la parola. Ringraziando gli intervenuti e gli autorevoli relatori presenti, Francesco Altomare ha sottolineato come non sia affatto scontato che dalla crisi si esca a sinistra, ma anzi sia molto più probabile che i poteri forti cerchino l’uscita a destra. In questo senso egli ha sottolineato l’importanza delle prossime consultazioni elettorali e la necessità di condurre una campagna elettorale seria e capillare, fatta di continue iniziative sul territorio. In conclusione del suo intervento, ha inoltre evidenziato le ormai totalmente coincidenti posizioni politiche di PRC e PdCI, e quanto sia sentito nella base il sentimento della riunificazione.
E’ stato poi la volta di Antonio Morrone che anch’egli rimarcato il tema dell’unità dei comunisti, approfondendo inoltre l’importanza di riprendersi la piazza che la sinistra ha tragicamente lasciato a Di Pietro, il quale viene visto dal paese reale come l’unica opposizione a Berlusconi, ma che senza la presenza dell’attuale presidente del Consiglio, sarebbe chiaramente un uomo con posizioni politico-ideologiche totalmente lontane da quelle della sinistra stessa.
E’ intervenuto poi Angelo Broccolo, il quale ha parlato dell’importanza per il PRC di stare nelle istituzioni e di evitare inutili settarismi. A tal proposito ha chiaramente detto che il fatto che il PRC si presenterà insieme al PD alle prossime elezioni provinciali di Cosenza, è stato determinato dalla buona azione svolta dalla uscente giunta, di cui il partito faceva già convintamente parte. Proprio questa presenza nelle amministrazioni, a detta di Broccolo serve a dare voce alle vertenze che si creano sul territorio, delle quali Rifondazione Comunista deve essere la principale e naturale interessata.
In sostituzione del segretario generale della CGIL di Cosenza Pietro Rossi, non presente perché a Brindisi per un altro convegno, ha parlato Delio Di Blasi, componente della segreteria sindacale cittadina. Nel suo discorso egli si è soffermato su quanto grave sia la crisi in corso e contemporaneamente quanto inefficaci siano le manovre del governo. L'ormai definitivo abbaddono della CGIL da parte del PD, secondo Di Blasi, offre l'opportunità alla sinistra e ai comunisti di tornare ad avere un ruolo principale nel sindacato e in questo senso, citando un articolo di Tonino Perna comparso recentemente su Liberazione, ha loro proposto di costruire insieme una campagna politico-mediatico con lo scopo di chiedere la nazionalizzazione del credito. Molto apprezzazato, inoltre, è stato il suo passaggio in cui ha parlato di come l'egemonia culturale che un tempo era indiscutibilmente in mano alla sinistra, oggi sia andata totalmente persa in favore, incredibilmente, della destra più populista e reazionaria.
Penultimo intervento è toccato a Pino Sgobio. L’ex capogruppo alla Camera ha fatto un articolata analisi della crisi economica, sottolineando il fatto che già da ora il capitale sta provando a preparare la propria restaurazione, ed è questo il principale obiettivo a breve termine contro cui i comunisti devono combattere. Inoltre ha affrontato il tema delicato della passata esperienza del governo Prodi, una legislatura che ha deluso totalmente chi vi aveva visto la possibilità di cambiamento, e quello dedicato al cosiddetto veltronismo, il tentativo cioè del PD di eliminare dalla vita istituzionale qualsiasi ipotesi e progetto di sinistra. Sgobio ha concluso il suo intervento sottolineando l’importanza di riunire la sinistra, cominciando per prima cosa a riunire i comunisti.
La conclusione del dibattito è stata effettuata dal compagno Fosco Giannini. Il direttore dell’Ernesto ha iniziato evidenziando il fallimento delle analisi di Fukujama e di come il comunismo abbia saputo trovare nuova linfa in America Latina, a partire dalla coraggiosa ed eroica resistenza di Cuba alle influenze statunitensi. Cardine del suo discorso è stata la convinzione della centralità che l’imperialismo ha avuto nel determinare l’attuale crisi economica e a questo proposito egli si è augurato che la riunificazione dei comunisti, possa portare a recuperare la nozione di imperialismo, sparita in Rifondazione durante il decennio di destrutturazione bertinottiana. Giannini ha definito improrogabile la riunificazione del PRC e del PdCI, non solo perché così si costruirebbe un partito con una base di iscritti tra le 100mila e 130mila persone, ma anche perché così facendo si potrebbe ricomporre la diaspora comunista, richiamando così quelle circa 400mila persone calcolate da Giannini, che oggi, pur definendosi comunisti, non votano ne Rifondazione ne Comunisti Italiani. In questo senso, egli si è detto rallegrato del fatto che nelle decine e decine di iniziative svolte in tutta Italia, sia riuscito a percepire quanto, in questo senso, la base sia molto più avanti rispetto alle dirigenze.
domenica 1 marzo 2009
Successo per l'iniziativa sulla crisi economica
Gli interventi dei relatori sono stati tutti estremamente interessanti e meritano il giusto approfondimento, cui daremo spazio nelle prossime ore.