Pomeriggio presto stavo andando all’università. Poco dopo esser partito, sulla strada vedo un ragazzino che si copriva con un ombrello grande quanto lui e che aveva un borsone da calcio grande il doppio di lui. Cercava un passaggio e io l’ho caricato. Ci siamo messi a chiacchierare un po’ e mi ha detto di avere 14 anni e di chiamarsi Florian. Era un romeno.
Visto la sua parlata abbastanza spedita, sono rimasto colpito dal fatto che fosse straniero. Gli ho fatto i complimenti per il suo italiano e gli ho chiesto da quanto tempo si trovasse nel nostro paese, convinto che parlasse così bene perché era molto tempo che abitava in Italia. Lui mi ha risposto invece che è poco meno di un anno che è arrivato da noi! Sono rimasto a bocca aperta: ve lo assicuro, parlava molto meglio di altri suoi coetanei italiani!
Continuando a chiacchierare ancora un po’, gli ho chiesto dove andava con quel borsone e mi ha risposto che andava al Campo Sportivo cittadino perché aveva l’allenamento con i Giovanissimi della squadra locale. Mi ha anche detto di essere tifoso dell’Inter e che il suo calciatore preferito è Ibrahimovic. Quando gli ho detto che io tifo la Juve, si è messo a ridere, visto il risultato di sabato…
Gli ho chiesto allora che scuola facesse e mi ha risposto di essere al primo anno del liceo classico. Lo stesso liceo classico che ho frequentato io. Qui la sua attenzione si è accesa. Mi ha fatto il nome di alcuni professori, per sapere se li conoscessi e io gli ho risposto che non solo li conoscevo ma, attraverso lui, gli mandavo anche i miei saluti. Florian allora mi ha chiesto cosa faccio ora che ho finito il liceo e io gli ho detto di essere all’università. E allora lui risponde con la frase della nostra conversazione che più mi ha fatto contento: “Anche io da grande voglio andare all’università. Oltre, naturalmente, a diventare calciatore…”
Volevo continuare a parlare con questo ragazzino. Volevo chiedergli tante altre cose, se si trovava bene in Italia, se ha mai avuto problemi di razzismo, se ha intenzione di realizzare i propri sogni in Italia o in Romania. Purtroppo eravamo arrivati al Campo Sportivo, e non potevo trattenere la sua voglia di andare a giocare a pallone…
Questi dieci minuti che vi ho raccontato in maniera vendoliana (:D) mi hanno davvero segnato la giornata. Non riesco a togliermi dalla mente l’intelligenza di questo Florian, la sua dignità e la sua naturalezza, quasi che il dramma di aver dovuto lasciare il suo paese per essere catapultato in un mondo in cui persone nella sua situazione devono vivere con l’ostilità e la diffidenza di noi nativi, a lui non lo toccasse proprio.
Sono stato veramente orgoglioso di aver parlato con questo ragazzino che sogna di diventare calciatore e di andare all’università. Sono stato orgoglioso come comunista, perché quel ragazzino è quello per cui lotto.
Luciano Altomare
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