domenica 23 novembre 2008

Le linee guida di Ferrero

http://liberazione.it/giornale_articolo.php?id_pagina=59204&pagina=19&versione=sfogliabile&zoom=no&id_articolo=417599

Caro Paolo, ho visto l'iniziativa che Rifondazione ha preso di distribuire il pane ad un euro al chilo. Io penso che si tratti di una buona idea ma ho visto che ci sono state critiche di populismo e di insufficienza. Che ne pensi? Come si inserisce questa iniziativa dentro la crisi che sta scuotendo l'economia? Mi piacerebbe avere una tua risposta.
Renzo Belcari

Caro Renzo, ti ringrazio per la lettera che mi permette di precisare meglio alcuni tratti fondamentali della nostra iniziativa politica. Innanzitutto è evidente che la distribuzione del pane ad un euro è emblematica ma non esaurisce la nostra iniziativa politica riguardo al carovita e alla crisi economica. Solo un pazzo potrebbe pensarlo. Io credo che tutte le nostre iniziative, dalla partecipazione alle mobilitazioni degli studenti alla preparazione dello sciopero generale del 12 dicembre alla distribuzione del pane, debbano essere collocate all'interno della proposta di una alternativa di società. Di fronte alla crisi del neoliberismo, di fronte alla crisi dell'accumulazione capitalistica e dei suoi assetti di potere, non basta una risposta difensiva, non basta criticare, occorre proporre un progetto. Occorre proporre una uscita da sinistra. L'elemento progettuale non è un optional ma un elemento concreto di battaglia politica: per contestare efficacemente i provvedimenti che vengono presi dai governi e non risultare subalterni, è necessario indicare con chiarezza una possibile alternativa. Mi pare che i punti fondanti su cui fare leva possano essere così delineati. In primo luogo il controllo pubblico sul credito. Dalla Banca Centrale Europea alle Banche di interesse nazionale occorre definire che il credito non può rispondere ai principi del mercato, della redditività a breve e quindi della speculazione. Il credito ha una funzione strategica nella determinazione del modello di sviluppo e questo deve essere deciso in forma democratica. In secondo luogo la lotta alla speculazione e alla rendita con la tassazione delle transazioni finanziarie a breve, l'aumento della tassazione sulle rendite, la lotta ai paradisi fiscali. In terzo luogo la definizione di politiche di intervento pubblico finalizzate alla riconversione ambientale e sociale dell'economia e della produzione. Nell'attuale crisi sociale e dell'ecosistema non si tratta di proporre un generico rilancio della crescita; occorre partire dalla crisi per proporre una rivoluzione ambientale e sociale della produzione. Connesso a questo intervento pubblico qualificato occorre rimettere al centro la proposta di "de mercificare" i beni pubblici. Dall'acqua al sapere ai servizi relativi alla riproduzione sociale. In quarto luogo una drastica redistribuzione del reddito dal profitto e dalla rendita verso salari, pensioni e allargamento della rete di protezione sociale: proponiamo la generalizzazione degli ammortizzatori sociali per chi perde il posto di lavoro e l'istituzione di un salario sociale per i disoccupati. Gli elementi che ho brevemente indicato, non costituiscono un programma; delineano però le linee di una risposta, alternativa a quella dominante, che dobbiamo far vivere in una battaglia politica, culturale e sociale che ha dimensione internazionale. E' infatti evidente che la dimensione nazionale è del tutto inadeguata per affrontare efficacemente la crisi in atto e per battere le risposte di destra oggi largamente egemoni e caratterizzate dalla logica della privatizzazione dei profitti e della socializzazione delle rendite. Di questa risposta da dare a livello europeo, discuteremo a fondo sabato 6 dicembre a Venezia, in un appuntamento a cui parteciperà Oskar Lafontaine, presidente della Linke tedesca. La nostra risposta, per essere efficace oltre alla dimensione internazionale deve però costruire una relazione tra gli elementi programmatici e la concretezza della condizione sociale nella crisi. Ha cioè a che vedere con la costruzione della piattaforma delle lotte. Innanzitutto il progetto ci serve per contestare a fondo l'idea che la crisi vada affrontata facendo sacrifici. Si tratta di un luogo comune assai diffuso e radicato che deve essere radicalmente messo in discussione: è infatti del tutto evidente che in una situazione di recessione l'ulteriore riduzione del potere d'acquisto delle persone avrebbe l'unico effetto di aggravare la recessione. Occorre quindi rovesciare la logica dei sacrifici sia sul piano quantitativo (la redistribuzione del reddito) che su quello qualitativo (la modifica del modello di sviluppo). Per evitare che la crisi abbia una uscita a destra in termini di guerra tra i poveri (razzismo) e di guerra tout court (nazionalismo), occorre concentrarsi proprio sull'intreccio tra lotte e piattaforma, tra progetto politico e difesa degli interessi materiali degli strati subalterni. Questo siamo impegnati a fare in vista dello sciopero generale e proponiamo a tutte le forze della sinistra di farlo unitariamente. Cosa c'entra tutto questo con la distribuzione del pane ad un euro al chilo? A mio parere moltissimo. In primo luogo è una azione di denuncia. Se un piccolo partito come Rifondazione Comunista può distribuire il pane ad un euro, perché il governo non fa nulla contro il carovita, per ridurre i prezzi e accorciare le filiere? Ridendo e scherzando in queste poche settimane abbiamo distribuito oltre 40mila chili di pane, abbiamo dato il pane e i volantini a 40mila persone. Una goccia nel mare ma queste cifre dicono di quanto potrebbe fare il governo se solo volesse intervenire contro la rendita e la speculazione. In secondo luogo è una azione da cui possono partire e solidificarsi esperienze di mutualismo e solidarietà. Di fronte alla crisi economica non basta denunciare e lottare. Occorre anche mettere in piedi iniziative concrete che intervengano direttamente sul disagio sociale. Noi il pane non lo regaliamo, lo distribuiamo a prezzo di costo; non facciamo la carità ma proponiamo una forma di organizzazione proletaria. Occorre estendere e stabilizzare una rete di gruppi di acquisto popolare e solidale per ricostruire un tessuto sociale solidale. Occorre generalizzare elementi di autogoverno consapevole per contrastare la disgregazione sociale e la guerra tra i poveri, ricostruendo la trama e l'ordito di una soggettività alternativa. Dagli anni '80 in avanti la politica ha perso continuamente credibilità mentre hanno acquistato una forte autorevolezze le pratiche di volontariato e l'associazionismo. Dobbiamo imparare la lezione perché in realtà questo processo è parallelo alla progressiva identificazione della politica con la sfera della rappresentanza. La politica, quella buona, non è mai stata solo rappresentanza istituzionale ma soprattutto costruzione sociale, capacità non solo di registrare le opinioni ma di operare nel concreto per trasformarle a partire dall'organizzazione sociale. Occorre imparare dalla storia del movimento operaio che non è fatta solo di rappresentanza politica ma anche - soprattutto - di lotte e di mutualismo. In terzo luogo questa pratica sociale propone una forma di agire politico basata non solo sul dire ma sul fare. Il fatto di entrare in relazione concretamente con le persone a partire da una risposta parzialissima ma concreta ad un bisogno reale, qualifica le nostre parole. La nostra gente tende a non fidarsi più delle parole. Ne ha sentite tante ma poi ha esperimentato concretamente la propria solitudine di fronte al grande processo di impoverimento che da anni vive. Il piccolo gesto della distribuzione del pane non sostituisce ma qualifica, dà credibilità al nostro discorso politico. Se è vero che i programmi - come diceva Engels - sono delle bandiere rosse piantate nella testa della gente, bisogna sapere che il programma non può essere fatto solo da parole ma anche da pratiche e da sentimenti. E' fatto anche dalla condivisione. Da ultimo la distribuzione del pane parla di noi, prova a cambiare la percezione che di noi ha la nostra gente. Normalmente quando distribuiamo volantini siamo sottoposti a critiche opposte: perché avete fatto cadere il governo? Perché non avete fatto cadere il governo che non ha fatto nulla per noi? La nostra immagine - ma per coloro che ci guardano la nostra immagine coincide con la nostra identità - è appiattita sulla lente deformante del sistema politico bipolare che ha su di noi un effetto devastante. Abbiamo sempre detto che il bipolarismo serviva a garantire l'alternanza tra simili e ad uccidere l'alternativa; purtroppo abbiamo ragione. Oggi la nostra immagine è in larga parte definita dalle nostre disgrazie interne alla collocazione politica nel sistema bipolare. Se rimaniamo prigionieri di questa immagine verremo definitivamente spazzati via perché percepiti come ceto politico inutile. Dobbiamo operare per una radicale ridefinizione della nostra immagine. Dobbiamo agire come partito, dobbiamo lavorare all'alternativa sottraendoci allo schiacciamento su un sistema politico bipolare creato per distruggerci. La linea che ci siamo dati al congresso, di rilanciare Rifondazione Comunista in basso a sinistra, sarà divenuta operante quando distribuendo un volantino verremo riconosciuti per quelli che distribuiscono il pane ad un euro o per quelli che organizzano le lotte contro governo e padroni. Per noi è decisivo ricostruire la nostra identità a partire dal nostro ruolo sociale, dalla nostra utilità sociale; il pane serve anche a questo, a cambiare terreno di definizione della nostra identità.

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