La morte di Giovanni Arrighi è una grave perdita per la comunità scientifica non addomesticata all’attuale vigenza dell’ideologia del capitale. Giovanni Arrighi è stato un brillante studioso il quale nella sua lunga attività teorica ha speso tutte le sue energie per scandagliare a fondo il modo di produzione capitalistico, la sua genesi storica e le variegate dinamiche che compongono la categoria del sistema/mondo. Da tempo docente alla facoltà di Sociologia della Johns Hopkins University e collaboratore fisso della New Left Review non mancava di contribuire al dibattito internazionale.
Giovanni Arrighi, assieme a Immanuel Wallerstein, ha offerto delle prospettive interpretative di tipo nuovo dalle quali è possibile osservare non soltanto la crisi, ma tutta la storia dell’economia capitalistica mondiale (o economia-mondo) dalla sua nascita alle tribolazioni attuali di questo inizio di secolo. Le loro proposte, profondamente influenzate dall’approccio storico- comparativo dello storico francese Fernand Braudel, hanno provato a rompere gli schemi imperanti della storiografia ufficiale. Recuperando una visione della storia lunga, ed andando alla ricerca delle caratteristiche salienti del sistema capitalistico, al fine di individuarne il funzionamento e di poter formulare ipotesi sulle prospettive future, Arrighi è riuscito a ricostruire le dinamiche del mutamento in atto particolarmente per quella area del mondo (il continente Cina e l’Asia) in cui è in corso un poderoso, ed inedito, sviluppo il quale segna distintamente questo scorcio della competizione globale interimperialistica.
Ci mancheranno gli apporti di Giovanni Arrighi ad un dibattito che, al di là delle differenze e delle diverse accentuazioni argomentative, occorrerà, ulteriormente, qualificare con una rinnovata ricerca teorica la quale resta, comunque, una condizione fondante per una ipotesi di trasformazione radicale della società.
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