venerdì 30 ottobre 2009

Grasso: "Nessuna nave dei veleni". Ma restano dubbi e perplessità

Grasso: "Nessuna nave dei veleni" Ma restano dubbi e perplessità

ROMA - Non c'è nessuna "nave dei veleni" e il pentito Francesco Fonti è da considerarsi definitivamente inattendibile. Insomma, "il caso è chiuso". Lo dicono in coro il ministro Prestigiacomo, il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso e il capo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo.

La versione ufficiale. La verità ufficiale parla di una nave passeggeri, trovata a 470 metri a largo di Cetraro: la "Catania" un piroscafo passeggeri lungo 103 metri, costruito a Palermo nel 1906 e affondato il 16 marzo del 1917 da un siluro lanciato da un sommergibile tedesco, dopo aver fatto evacuare i passeggeri, durante il viaggio di ritorno di una crociera da Bombay a Napoli.

Parole rassicuranti hanno preceduto i dati tecnici dell'"Operazione Cetraro" portata a termine a bordo della nave Mare Oceano, costata 43 mila euro al giorno. Parole che sono apparse tutte volte, sì a rassicurare l'opinione pubblica, ma soprattutto a chiudere la storia e a smentire il pentito Francesco Fonti.

La Prestigiacomo. "Abbiamo impiegato 47 giorni per chiarire la vicenda - ha detto il ministro Prestigiacomo - un tempo record. C'è stato da parte di amministratori locali, che avrebbero dovuto usare maggiore prudenza, il tentativo di soffiare sul fuoco. Abbiamo assistito a vere e proprie ostilità, a tutti i costi, verso il governo".

Piero Grasso. E il Procuratore nazionale antimafia ha invece affermato: "Si è certamente creata una vittima: l'area di Cetraro e la Calabria, perché gli operatori turistici, i pescatori guardano con timore alla prossima stagione". Ma poi ha aggiunto: "Questi accertamenti non possono certo dissipare i dubbi. Dobbiamo continuare a difendere il territorio dall'attacco della mafia. Il caso-Cetraro è chiuso, ma il caso-mare di Calabria no".

Le immagini. Le foto e i brevi segmenti di filmato mostrate ieri durante una conferenza stampa alla Direzione Nazionale Antimafia, non sono sembrate chiarissime, oltre che assai simili a quelle diffuse durante le prime rilevazioni sulla nave affondata, effettuate il 12 settembre scorso, su disposizione della Procura di Paola.

Non si legge il nome della nave ("Catania"), anche perché delle cime, che sono sembrate nuovissime, coprono il punto dove sarebbe stato possibile leggerlo. Non solo: non c'è più traccia dei bidoni, si vede solo una "manica a vento" adagiata sul fondo che, alla lontana, somiglia ad un fusto.

Il pentito racconta frottole?. In altre parole: il fatto che quella nave a largo di Cetraro non sia la Cunsky, mette o no in ombra le confessioni di Francesco Fonti? Claudia Conidi, il legale di Francesco Fonti, ricorda che il suo assistito ha detto di aver affondato navi, non dei nomi. "E poi: quella nave a largo di Cetraro non si sapeva che fosse lì. Eppure, dopo le rivelazioni di Fonti, guarda caso, una nave proprio lì è stata trovata".

Il verbale di Catanzaro. La dottoressa Conidi ha anche ricordato che nell'unico verbale giudiziario scritto a Catanzaro davanti al dottor Luberto, Francesco Fonti non fece nessun nome di navi. Disse anche che quando andava ad affondare navi, non andava tanto a guardare il nome, né i libri di bordo: metteva la dinamite e se ne andava di corsa.

Il memoriale. Solo nel memoriale inviato al dottor Macrì della Direzione Nazionale Antimafia, quei nomi vennero fuori. Su quelle pagine ricordò di averli sentiti pronunciare dai boss che gli avevano dato l'ordine di affondarle. "Anzi - ha aggiunto la dottoressa Conidi - a me oggi viene il sospetto che i mandanti di Fonti facessero quei nomi un po' a caso, per rendere ancora più torbida e confusa l'operazione".

Gli interessi del collaboratore. In definitiva, Francesco Fonti, che ha già contribuito a mettere in galera centinaia di boss e affiliati della 'ndrangheta, che interesse avrebbe avuto a dire una cosa per un'altra? Fonti, con le sue dichiarazioni, ha disegnato solo un piccolo particolare di un quadro, che rappresenta l'intreccio criminale che gestisce lo smaltimento dei rifiuti tossici e radioattivi in tutto il mondo.

Un quadro che, se guardato dall'alto, mostra vicende opache e terribili, come quella che portò alla morte Ilaria Alpi e Miran Hrovatin il 20 marzo del 1994 a Mogadiscio.


Carlo Ciavoni

http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/cronaca/nave-veleni/nave-passeggeri/nave-passeggeri.html


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