lunedì 11 gennaio 2010

Ma quale bluff! Questo è il sistema che ha ucciso Franco Nisticò

Ma quale bluff! Questo è il sistema che ha ucciso Franco Nisticò

I lavori del Ponte sono stati avviati – non per caso – in silenzio. Secondo l’opinione corrente, si tratta di un bluff. Impregilo ha in mano il contratto e la penale. Il trasferimento di denaro pubblico dalla collettività ai contractors appare inarrestabile. Ed il sistema che si basa sull’inefficienza e sull’arroganza procede senza ripensamenti, come dimostra un’agghiacciante lettera dell’ASP di Reggio Calabria sul caso di Franco Nisticò.

Bluff: nel gioco del poker, modo di procedere tale da far credere agli avversari di avere carte migliori di quelle effettive - Sabatini Coletti, Dizionario della lingua italiana

“Attraverso la stampa continuano ad esternarsi accuse indiscriminate di inefficienze”. Dopo la tragica morte di Franco Nisticò, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria diffonde una nota che ricostruisce – dal proprio punto di vista – l’accaduto. Si tratta di uno degli autoritratti più involontariamente spietati che un qualsiasi potere abbia mai fatto di sé stesso.

“Per eccesso di zelo ed in via del tutto eccezionale”, il giorno precedente alla manifestazione si era adottata “la misura precauzionale di far stazionare un mezzo mobile di soccorso in prossimità dell’evento”. In realtà, si aspettavano anche 30 mila persone in uno spazio angusto. Per qualsiasi sagra di paese è normalissimo vedere almeno un’ambulanza ed unità della protezione civile. Il dispiegamento di mezzi “militari” era invece assolutamente sproporzionato.

Alle 15, circa 30 minuti prima del malore di Nisticò, “la Centrale Operativa della Questura di Reggio Calabria comunicava alla Centrale Operativa del 118 che la manifestazione era finita (‘l’emergenza è finita, l’ambulanza non serve più’) e, pertanto, si disponeva il rientro del mezzo”. I comunicati ufficiali della Rete No Ponte avevano chiaramente annunciato “un lungo pomeriggio, circa 8 ore di musica, teatro, spettacoli, proiezioni e artisti di strada…”. Ma anche usando semplicemente gli occhi, non sarebbe stato difficile notare almeno mille persone ancora presenti in piazza.

La risposta dell’ASP reggina somiglia terribilmente ad un’agghiacciante lettera dei medici calabresi in risposta alle accuse di malasanità, nello specifico bambini e ragazzine deceduti nelle corsie o per ambulanze arrivate in ritardo, oppure scandali come lo scioglimento della ASL di Locri, il delitto Fortugno, l’ipotesi di affidare la sanità regionale alla protezione civile, il sequestro dell’ospedale di Melito.

La Federazione regionale calabrese dell’Ordine dei medici scriveva nell’aprile 2008: “I recenti casi di presunta malasanità ed il conseguente tribunale mediatico messo in piedi contro i medici ritenuti responsabili hanno portato ad un clima che non ha precedenti nella storia della Calabria. […] Non è la responsabilità professionale in nodo della questione. I medici sanno bene cosa sia e come sia diventato difficile affermare e difendere quei suoi pilastri deontologici nel quotidiano battage mediatico che inculca nei pazienti e nei loro familiari il concetto che il risultato di una terapia debba essere, per forza, positivo e che qualora non lo fosse la responsabilità è, ovviamente, dei medici. Medici ai quali si chiede di soddisfare sempre e comunque il desiderio di vita e salute ad oltranza di una società fortemente influenzata da mode e messaggi da televendita, cosa certamente inconciliabile con la realtà delle conoscenze scientifiche…”.

Insomma, la colpa era della tv, possibilmente anche nel caso di Federica Monteleone, 16 anni, entrata in corsia per il più banale degli interventi (appendicite) ed uscita cadavere a causa di una scossa elettrica seguita da un black out. Un’ambientazione da Frankestein ed un impianto elettrico installato con la consueta sciatteria nell’ospedale Jazzolino, Vibo Valentia.

Ancora una volta, dopo la morte di Franco Nisticò, si è avuta la precisa sensazione di un potere ottuso, per nulla incline a mettersi in discussione, arrogante fino alle estreme conseguenze. Un potere multiforme, che significa navi dei veleni, cantieri eterni, dominio della mafia, politica clientelare e grandi opere. Franco Nisticò, poco prima del suo malore, stava denunciando il caso della statale 106: era presidente del comitato che ne chiede la messa in sicurezza. La via che costeggia lo Jonio, “rifatta” dalle grande imprese con la presenza delle ‘ndrine, è sempre più pericolosa. Il 3 gennaio la “strada della morte” ha fatto ulteriori vittime, tre giovani automobilisti morti per uno scontro frontale all’altezza di Cariati, nel cosentino.

La prima pietra ed il vicolo cieco

L’apertura dei cantieri in silenzio e senza clamori non è una sconfitta della Stretto di Messina. Non è una “bufala”. Se avessero voluto “mostrare carte migliori di quelle effettive” (è la definizione del dizionario italiano per il termine “bluff”), non avrebbero puntato su una “prima pietra” così dimessa. E’ evidente a tutti, tranne che ad alcuni attivisti, che un elemento simbolico troppo forte attira proteste, presidi, gesti forti, scontri e dibattiti nazionali. Crea quella che i sociologi chiamano una “finestra di opportunità” per il movimento e diventa l’apripista per uno scontro sul modello Val di Susa. La cerimonia seminascosta ha generato una serie di commenti a base di “bluff”, “bufale”, “balle”. Esattamente quanto serve a sopire la mobilitazione ("Se è tutto finto perché si agitano tanto?", hanno osservato i pro-ponte), favorire lo spreco di denaro pubblico, proseguire con un processo che ormai è stato avviato e che andava fermato prima. Il contratto con Impregilo oggi c’è, mentre tutti si sono concentrati sulla mancanza del progetto definitivo, che comunque sarà presentato tra pochi mesi. La penale a favore di Impregilo c’è, mentre tutti si sono preoccupati dei soldi mancanti, dimenticando i giochi di prestigio del project financing.

Non ha molto senso rallentare il processo o continuare a recitare il salmo del “tanto non lo faranno mai”. Un sistema che si basa sulla shock economy non teme i ricorsi, che saranno un’ulteriore ottima scusa per allungare i tempi e dare la colpa ai soliti ambientalisti. Attaccare Ciucci dal punto di vista dell’efficienza (“stanno lavorando male”) significa non capire che questo sistema si basa strutturalmente sul mancato funzionamento dei trasporti essenziali, della sanità, dei cantieri, oltre che sulla rigida divisione tra sudditi e potenti. E’ un sistema che giustifica gli inceneritori con l’emergenza rifiuti, le guerre col delirio antiterrorismo, le new town con le catastrofi naturali. E’ un sistema che è riuscito a trasformare anche l’ambiente in un’ulteriore occasione di business: tra studi, valutazioni, rapporti su cetacei ed opere collaterali “verdi” (tipo il ripascimento dei litorali) si è avuto e si avrà un’ulteriore spreco di denaro, che potrebbe invece servire a rendere sicure le colline messinesi che rischiano di venire giù ad ogni nuova pioggia. Parallelamente, si coprirà il disastro ambientale reale: “[Con i cantieri del Ponte], verranno scaricati milioni di metri cubi di materiale di risulta”, denuncia l’economista Guido Signorino. “Le discariche verranno realizzate in vallate, impluvi, zone urbanizzate. Aree dove piomberà l’impatto di 1.122.000 metri cubi di terra (pari a 75.000 camion). Parliamo di 538.000 metri quadri di aree interessate, l’equivalente di circa 90 campi di calcio”.

“Ci vuole più scienza e meno ideologia”, dice in una nota il comitato “Ponte subito”. Dovrebbe essere l’esatto contrario, se per ideologia si intende un sistema coerente di idee e non un cumulo di pensieri preconfezionati. Intanto il sistema ha una sua ideologia, quella delle PPP, della shock economy e del trasferimento di risorse dalla collettività ai “contractors”. Molti osservatori, invece, navigano a vista persi nel tecnicismo, pagando la mancanza di un insieme di idee che permetta di distinguere la politica dall`osservazione dell’esistente.

* da www.terrelibere.org

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